Fuitevenne ? Forse è giunto il momento del jatevenne.

Caro maestro, quasi trent’anni che ci avete lasciato e non ho mai smesso di sentire la vostra mancanza.

Di recente ho sentito pronunciare il vostro nome a proposito di quel  “fujtevenne”, quell’invito ad abbandonare Napoli che lanciaste, non ricordo quando, a tutti i napoletani di buona volontà, manifestando quel vostro sentimento di resa al nemico, di fine di ogni speranza di salvare la città dal malcostume, dal malaffare, dalla malapolitica, dalle malabitudini, dal maleognicosa.

Quella  frustata data ai napoletani mentre stavate percorrendo l’ultimo tratto del vostro cammino mi ha sempre fatto male. Prima di tutto perchè lanciata dall’alto della vostra esperienza di uomo di teatro e di cultura che aveva attraversato un secolo denso di avvenimenti ed esperienze epocali, poi perchè era la negazione di quel “deve passare la nottata” pieno di sofferta speranza che facevate dire da Gennaro Iovine all’inizio dell’ultima notte di Napoli Milionaria. Chi ero io, all’epoca poco più che un ragazzo, per aver speranza di un futuro migliore se Eduardo diceva in modo così esplicito e disperato di non averne più ?

Negli ultimi trentanni Napoli non è mai diventata milionaria, forse abbiamo avuto qualche breve periodo in cui le cose sembravano andare per il meglio ma, in fondo, è sempre rimasta una città povera. Povera, sfruttata e vessata dai soliti noti. La politica, la malavita e da moltissimi napoletani che non hanno mai smesso di trattare la città come se fosse di qualcun’altro, non un patrimonio di tutti ma una terra di nessuno. Non una sirena ma una mucca da mungere fino allo sfinimento, perennemente nascosti dietro lo scudo della sottocultura del tira a campare.

Fuitevenne. Scappate dalla vostra città, non c’è più speranza. L’ultimo ordine che impartisce un capitano quando realizza che la nave è persa e non c’è altro da fare che cercare di salvare le anime dei passeggeri.

Vedervi ancora sulla ribalta in questi giorni mi ha fatto pensare. Ho ascoltato commenti, pareri ed illustri opinioni, pro o contro. Sono arrivato alla conclusione, con il tutto il rispetto che una formichina deve ad un gigante che, all’epoca il vostro invito fu opportuno, significativo, ma forse vi lasciaste andare ad un eccesso di emotività. Forse, in quel momento, dall’alto della vostra esperienza, quell’amore incondizionato e viscerale per la città che vi aveva dato alla luce vi cagionava troppo dolore.

Non ricordo bene ma doveva essere, più o meno, verso la fine del mandato del sindaco Valenzi, un periodo non bello per la città  che sarebbe finito, in apparenza, solo con la venuta di  Antonio Bassolino da Afragola nel 1993. Voi ci guardavate da lassù già da un po’ e probabilmente vi siete fatto grasse risate alle nostre spalle come il vostro alter ego Guglielmo Speranza.

Credo che il dolore in quel momento vi fece pronunciare l’invito sbagliato. Forse, e comunque mi piace pensarlo, non volevate invitare i napoletani di buona volontà a scappare. Forse, e comunque mi piace pensarlo, volevate dire a tutti quelli che vivono la città nella scostumatezza dell’ignoranza più pervicace, nel malaffare, nel culto del “meglio a te che a me”, nel mito della furbizia prevaricante che diventa lotta tra mentecatti: jatevenne. Andatevene.

Maestro, io non ho nessuna intenzione di scappare. Non sono scappato quando ero ragazzo figuratevi se ho voglia di scappare ora che sono sulla soglia dei cinquanta. Si, è vero, sono stato un pochino in giro per il mondo ed ho vissuto in altre città, ma alla fine sempre a Napoli sono tornato e sempre con l’intenzione di rimanerci e con la speranza che sarà la città di mio figlio.

La vorrei in prestito la vostra frusta per dirlo oggi ad molte persone che quotidianamente incrocio in città. Un bel “andatevene a vivere altrove” detto di cuore.

Jatevenne, a tutti quelli che passano con il rosso perchè a Napoli il semaforo è un consiglio, non una regola. Così come il casco sul motorino ed il divieto di sosta.

Jatevenne, a tutti quelli che pensano che la furbizia sia un valore aggiunto, che i dritti senza i fessi non campano e che, in fondo, basta conoscere la persona giusta per arrogarsi un illecito vantaggio o un privilegio alla faccia di tutti gli altri.

Jatevenne, a tutti quelli che buttano la carta a terra perchè  Napoli è la città della monnezza, della sporcizia e degli spazzini che non passano mai. E nessuno ci può fare nulla.

Jatevenne, a tutti quelli che tutti i giorni spostano con le loro belle automobili centinaia di metri cubi di vuota aria, anche solo per un tragitto di pochi metri. A tutti quelli che non pagano il biglietto dell’autobus, a quelli che la metropolitana è solo per gli altri, a quelli che due passi a piedi neanche se li ammazzi.

Jatevenne, a tutti quelli che sono convinti che il lavoro sia solo il diritto a ricevere un reddito senza dover produrre nulla, senza dover metterci dell’impegno e dell’amor proprio. A tutti quelli che sono convinti che la soluzione di un problema spetta sempre a quello che viene dopo.

E come non indirizzare un bel jatevenne a tutti quelli che credono che l’unica legge da rispettere sia quella del più forte, che il pesce grande mangia il pesce piccolo, che certi diritti sono solo per quelli che abitano da Roma in su.

Non ne farei mancare neanche a quelli che credono nell’esitenza di uno stato parallelo a quello descritto nella Costituzione della Repubblica. A tutti quelli che si adoperano affinchè il governo della città sia costruito su un intricato intreccio di interessi privati con le cose pubbliche, dove i privati sono sempre quelli che incassano e il pubblico quello che sempre paga, magari sulla pelle dei più deboli. A questa categoria di amministratori, politicanti, ruffiani di varia natura andrebbe un calorosissimo jatevenne.

Jatevenne, a tutti quelli che sono sempre contro qualsiasi cambiamento. Niente deve cambiare a Napoli, sempre lo stesso mare, la stessa pizza, lo stesso mandolino, la stessa storia. Perchè a Napoli ogni speranza deve essere stroncata sul nascere o, al limite, usata come carota per far tirare la carretta al ciuccio partenopaeo.

Jatevenne, a tutti quelli che vogliono convincere i ragazzi napoletani a non credere nel valore dell’istruzione, della cultura, della conoscenza. La cultura che consente di guardare alle meraviglie che la città offre con la consapevolezza di essere al centro del mondo e di trarre da questa magnificenza ispirazione per il proprio futuro.

Jatevenne finti napoletani, voi e tutti quelli come voi. Sono sicuro che da qualche parte del mondo riuscirete a trovare la vostra dimensione. Probabilmente finirete intruppati in qualche ridente cittadina extracampana a parlar male di Napoli e dei napoletani ogni volta che ne avrete l’occasione, privati della vostra arroganza e della vostra furbizia semplicemente perché privati di un sistema malato che vi manteneva in vita illudendovi di contare qualche cosa.

Perdonatemi maestro, forse mi sono lasciato prendere la mano, quel vostro perentorio invito stava dentro di me irrisolto da troppi anni. Sono veramente stanco di assistere ad una costante e continua lotta tra il bene ed il male che sta uccidendo Napoli. Da una parte tutti quelli che ancora ci credono e non risparmiano energie ed entusiasmo nel promuovere e realizzare l’idea di una città diversa, dall’altra tutto il marcio possibile immaginabile. Da quello con la faccia de camorrista a quelli travestiti da persone per bene che ogni giorno, sotto banco, tramano e mercanteggiano affinché nulla cambi.

Il mio jatevenne è per loro. Voi siate indulgente con me e con quelli come me, noi non fuggiremo. Mai.

(La foto di Eduardo l’ho trovata in rete. Nessuna informazione in merito all’autore era disponibile.) 

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8 comments

  1. Questa lettera inviata al grande Eduardo, sul desiderio di tanti napoletani di carattere, che si ergono a barriera, a quelli che vogliono definitivamente distruggerla, mi ha fatto sentire davvero bene in un 28 di dicembre, che come risposta si è presentato con un bel sole caldo. Viva Napoli, di quelli che la portano sempre nel cuore.

  2. L’orgoglio di essere napoletano ci può salvare. Trasferire il forza Napoli dallo stadio alla vita quotidiana farebbe migliorare tante cose. Io da Napoli non mi muovo e la difenderò sempre.

  3. Questa lettera è stata per me una grande espressione letteraria in primis e un toccasana per la mia anima che cerca di inculcare nei nipoti l’amore per la città e di tutte le espressioni legata ad essa. Grazie di cuore.

  4. Scusa ma tu come campi ?. Io ho 2 lauree, uno stage ed un master e desidero il reddito di cittadinanza erga omnes, come esiste in mezza Europa !! e dopo poter andare a vivere in una bella città come Roma, che è tutta bella, non come Napoli che tolto il contorno della pizza (metaforico) rivela orrori e bruttezze di ogni tipo :chiese, vicoli, palazzi ed ovviamente la sua umanità dolente. Io odio Napoli, non sono furba, non ho usufruito di nessun beneficio e/o privilegio, non vedo l’ora di andarmene per continuare a parlarne con i giusti toni e non le enfasi di chi probabilmente impedito a vivere altre dimensioni, ritorna qui e se lo fa piacere. E tu fammi il piacere di non confondere persone disoneste, con le persone perbene (poche) ancora giovani che non ne possono più di questa orribile città !!!
    Laura Louise Stirner

  5. Scusami, Laura. Hai detto che hai 2 lauree, uno stage ed un master e non hai imparato nulla? Ma vorresti addirittura il reddito di cittadinanza!!! Ma sai che dovresti essere tu una delle tante persone in prima linea nel provare a cambiare qualcosa in meglio di questa città (ma non solo) se davvero possiedi tutte le competenze che dici di avere, sulla carta? Mi fa una rabbia enorme constatare che c’è ancora chi si aspetta che gli arrivi tutto dal cielo! Io non ho nemmeno una laurea, ma sono in prima linea a combattere e impegnarmi perché qualcosa cambi. E ahimè, sto quasi per darla vinta al grande Eduardo. Nun C’à Facc’Cchiù! Ne siete troppi e purtroppo o per fortuna non state tutti a Napoli!!

  6. Chi ama Napoli per davvero potrebbe evitare di scrivere queste sciocchezze: d’accordo, oggi va bene farsi pubblicità, ma sulle spalle di un invito sentito e corretto come fu quello di un grande Autore, non sta assolutamente bene. Vivo in questa città, ne colgo ogni giorno l’aria di inutile smarrimento, non vedo tutte queste carte a terra, non noto neppure tutte queste auto in giro, come sostiene l’articolista (?); per questa città ho scritto, vi insegno, dirigo film. Ma non mi sembra assolutamente che le cose siano cambiate da tanti anni a questa parte. Per fare una “Nuova Napoli”, è bene dirlo, va abbattuto tutto ciò che “resta”, perciò l’invito di Eduardo non solo è pertinente, ma anche più che mai necessario. Rifletta il signor Alessandro su quanto scritto: non sarà che la città non cambia proprio perché testardi come lui non provano ad andarsene. E poi, mettiamocela un po’ di umiltà: cammino a piedi, pago il biglietto autobus, difendo i deboli. Ma, onestamente, cambiamenti non ne vedo. Mi sa che sarà meglio che Lei, almeno, un giro per Napoli se lo debba fare.

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