Caro Facebook ti saluto. Qualche giorno fa mi sono reso conto che sono dieci anni che ci frequentiamo, dieci anni che ti dico cosa penso, che metto mi piace e condivido, che ti regalo le mie fotografie, la mia musica le mie passioni. Dieci anni che mi metti in contatto con altre persone, dieci anni che mi rendi tracciabile, dieci anni che raccogli dati, emozioni, ricordi, abitudini.
Sono da sempre uno di quelli che, in ambito tecnologico, deve provare per primo le novità. Ora molto meno ma da ragazzo ero un delirio. Tutto iniziò alla fine degli anni ’80 con uno Z80, poi il primo 80386, il 486 e, nel giro di pochi anni, il primo Pentium. Computer da tavolo, portatili, scanner, stampanti dischi rigidi sempre più capienti. Lo spazio non bastava mai. Poi il primo abbonamento ad un provider internet ed il primo indirizzo di posta elettronica. Con un ristretto gruppo di amici eravamo costantemente all’avanguardia, veloci e prestanti.
I ricordi di quel periodo sono confusi ma, di sicuro, ho fatto in tempo ad usare il Netscape Navigator, ho intravisto Napster e ricordo quando venivo trattato con sufficienza dagli amici quando raccontavo delle potenzialità del web.
Con lo sviluppo della rete, come tanti altri, rimasi affascinato dall’idea di essere presente nel vasto mare del w.w.w. Dopo il basic e qualche rudimento di db4 iniziai a maneggiare il codice h.t.m.l. ed a costruire le mie prime pagine web rigorosamente off-line. Era l’inizio del nuovo secolo e on-line si iniziava a aver la possibilità di incontrare gente. Comunità di ogni tipo, appassionati delle discipline più disparate, fetenti di ogni genere e motori di ricerca che conferirono al web il titolo di posto dove si trovano la soluzioni e che, per tal motivo, era irrinunciabile. Ci si incontrava mediante servizi offerti dalla Microsoft o da Yahoo o sfruttando le b.b.s. che erano una forma di bacheche condivise. Si scriveva un messaggio sul tema specifico della bacheca e qualcuno rispondeva. Una cosa molto cameratesca, con esperti, novellini, gente che si atteggiava. Tutto molto elitario ed esclusivo, era difficile entrare nel giro. Bisognava applicarsi ed essere all’altezza della situazione, altrimenti si veniva snobbati e relegati nel limbo della rete.,
Con l’inizio del nuovo secolo, in rete iniziarono ad apparire le prime pagine web personali. Gente che pensava di avere qualche cosa di interessante da condividere, le aziende presenti in rete erano relativamente poche ed iniziarono a saltar fuori dalla rete i primi blog. Diari, più o meno personali, aperti, costruiti su piattaforme open source dedicati agli argomenti più disparati. Linux era il sistema operativo del momento, YouTube iniziò ad imporsi come posto per condividere video e MySpace, in Italia, fu il primo vero social network ad avere una larga diffusione. Second Life era una roba macchinosa e presuntuosa per quel periodo e qualcuno riuscì anche a rimetterci dei soldi. Con l’immediatezza di MySpace la gente invece imparò che, con poco sforzo, si poteva stare in rete, avere un profilo ed a scambiarsi l’amicizia con altra gente che stava nella rete. Ho un ricordo molto chiaro di quel periodo, tra i blog più seguiti in Italia c’era quello di Beppe Grillo che nel 2008, con il supporto delle analisi di mercato di Gianroberto Casaleggio iniziò a parlare di programmi a 5 stelle.
Caro Facebook ti saluto, hai fatto la fine che fanno tutti i media di largo consumo. Sei stato la novità, ti sei affermato, hai espresso le tue potenzialità, ti sei diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo, hai alimentato sogni e fatto girare soldi ed ora inizi a dare segni di invecchiamento e non sei più interessante. Non vali più la pena, ti hanno mangiato vivo dall’interno lasciandoti senza più un carattere. Questa è stata la sorte dei giornali, della radio, della televisione tradizionale e questo è, nella mia personalissima opinione, il tuo stato. Come social network di sociale hai ben poco, come il Grande Fratello che di fratellanza non ne sa niente.
Alla fine di quest’anno saranno dieci anni, un traguardo da festeggiare. Avevo letto di questa piattaforma per gestire blog chiamata WordPress e mi venne la voglia di averne uno tutto mio. Feci qualche tentativo su wordpress.com ma presto decisi che volevo un dominio tutto mio. Fu così che in una sera buia e tempestosa, durante delle tristissime feste di fine anno, nacque la mia identità digitale conosciuta come La Cipolla di Vetro. Fu in quelle settimane che sentii parlare per la prima volta di te, di questo social network nato nei dormitori di Harvard da un nerd che stava rapidamente diventando miliardario. Ricordo esattamente dove mi trovavo quando sentii alla radio del sorpasso, avevi superato in numero di utenti nel mondo MySpace.
Fino a quel momento mi ero tenuto alla larga da te, MySpace era bello, pieno di contenuti interessanti, musicisti più che altro ma anche le altre arti erano presenti. C’erano contenuti da condividere e ti sentivi direttamente in contatto con tutti. Twitter non mi piaceva, la storia dei 180 caratteri la trovavo noiosa assai, perché tutta questa ansia di essere sintetici e veloci. Nel mio blog scrivevo recensioni, pubblicavo la mia musica, mettevo qualche foto ben riuscita, con MySpace frequentavo amici e facevo anche qualche nuova conoscenza. MySpace ti metteva anche in contatto contatto anche con i propri artisti preferiti e questo era entusiasmante, ridefiniva il concetto di fans. Nello stesso periodo arrivò nelle mie tasche il primo iPhone e la possibilità di pubblicare in mobilità. La tua app ancora non esisteva.
Caro Facebook ti saluto. Il fatto è che sei diventato troppo basico per i miei gusti e questa tua basicità ti rende poco utilizzabile. Provo a fartela breve, quel che a te serve è la mia attività perché così fai il grano. Ne consegue che le tue maglie sono estremamente larghe, non puoi permetterti il lusso di selezionare i tuoi utenti, gli argomenti, i modi. A te serve tanta gente che popoli con le sue attività i tuoi data base. Gusti, preferenze di ogni tipo, abitudini, diari di viaggio, sentimenti, tutto fa brodo per tracciare identikit dei tuoi utenti. Questi identikit te li vendi in qualche modo ad aziende, gente che fa ricerche di mercato e cose del genere. Tutto a posto, non ti contesto nulla, sei solo uno strumento di marketing, neanche tanto avanzato. Se penso ai dispositivi Amazon Echo che dal 30 ottobre scorso sono disponibili anche in Italia, mi appari vecchio ed obsoleto. Pensa a tutta la gente che si sta mettendo in casa in dispositivo al quale si può parlare e dettare liste della spesa, dire i propri guasti musicali, gestire contatti e attività, quante informazioni metteranno a disposizione dei maghi degli algoritmi. Postare, tempo qualche anno, sarà una attività dimenticata. Qualche segno in questo senso si vede già, i ragazzi si stanno spostando tutti su network dove non si scrive più, troppo complicato, la costruzione grammaticale soggetto-verbo-complemento è troppo lenta e macchinosa per i tempi moderni.
Il fatto è che, nel perseguire il tuo scopo, sei capace di tirar fuori il peggio dalle persone. Sei immediato e confortevole, non si corrono rischi nascosti da una tastiera e magari anche da un profilo falso e dunque i sentimenti che tiri fuori sono i più semplici. Tutta la gamma sei sentimenti ostili, tutte le intolleranze, e sopratutto le paure contro le quali è facile scagliarsi con violenza. Sarei anche abbastanza in accordo con chi diceva che hai dato diritto di parola ai cretini anche se i cretini, in fondo, basta non leggerli. Il fatto è che i cretini non letti poi diventano aggressivi e non sia mai provi a spiegargli un’opinione diversa dalla loro. Ecco, questo è un altro dei tuoi punti deboli, l’impossibilità di fare una conversazione. Come ho sentito dire più di una volta: su Facebook nessuno ha mai cambiato idea.
Che senso ha partecipare ad un gioco se devo aver paura dei giocatori ? Non mi diverto più a frequentarti, ho chiuso il mio profilo a chiunque non sia carta conosciuta. Oramai servi solo a ricevere poche selezionatissime notizie ed a mantenermi in contatto con un po’ di persone con cui condivido alcuni interessi. Il resto, come diceva il sommo poeta, è noia. Resta utile il servizio di messaggistica ma questa è un’alta storia. Mi inquieta anche il fatto che nell’immaginario collettivo hai assunto il ruolo di fonte di notizie veritiere che una volta era della Rai Radiotelevisione Italiana o del Corriere. Una volta i fatti erano veri perché li raccontavano al telegiornale, li scriveva Enzo Biagi o altri grandi del giornalismo. Ora qualsiasi opinione, parere o fesseria si nobilita al rango di notizia solo perché qualcuno la scrive su Facebook. Non posso più frequentare un posto dove le notizie finte sono più di quelle vere e neanche un posto che è spesso legato a reali episodi di violenza ed intolleranza. Alla fine della fiera trovare qualche cosa di interessante su Facebook sta diventando sempre più difficile. La tua vocazione social, che probabilmente avevi all’inizio della tua carriera, oramai non esiste più. Al momento sei solo un carosello di pubblicità dal sapore stantio.
Caro Facebook ti saluto. Non chiudo l’account e neanche le pagine se non altro per mantenere e conservare la mia identità digitale e come supporto al mio blog. In fondo è una cosa che ancora riesci a fare benino. Magari uno di questi giorni le cose cambieranno e torneremo ad essere amici. Al momento il mio social preferito è Pinerest anche se non lo frequento molto, dovresti prendere esempio da lui. YouTube è interessante, è in un momento di svolta e bisogna attendere per vedere che strada prenderà. Trovo Instagram il tuo fratellastro degenere ed il suo fondo è l’Instagram tv. Tutti vogliono apparire, dire cose, avere i loro dieci minuti di popolarità.
Sono rimasto molto colpito dal video di una ragazzina, forse 16 anni o poco più, che in un video su Instagram: non sono una parrucchiera, non so nulla di estetica, ma vi mostro come uso la piastra per fare la piega ai capelli. Riesco a spiegarmi ? In questa affermazione ci sono racchiusi, come in una formula magica, tutti i tuoi orribili difetti. La sostanza non ha più importanza. Rendiamola semplice: le personali opinioni si elevano al rango di libro di testo, l’esperienza, la storia, il sapere non contano più nulla. Siamo tutti drammaticamente uguali, vince chi urla di più, chi è capace di ripetere le stesse cose all’infinito, chi sa come manipolare le informazioni. Questo non va bene caro Facebook, per me non va bene. In qualche modo sei riuscito a creare una forma di fascismo digitale e non posso tollerarlo. Internet era ricerca, cultura, condivisione. Tu, con altri social, sei riuscito a trasformarlo, probabilmente al solo scopo di raccogliere dati per i tuoi algoritmi, in un posto brutto. Ti capisco, c’è tanta gente che ancora si tiene alla larga, i tuoi modelli sono ancora incompleti e ancora non riesci a pilotare il futuro. Se avevi il sogno di dominare il mondo, come i cattivi dei film di 007, sei ancora lontano dall’obbiettivo e ti stai consumado sotto il tuo stesso peso.
Caro Facebook ti saluto. Me ne torno sul mio blog, un posto dove ancora mi diverto. Del tutto inutile forse, lo ammetto ma non è detto che lo scopo di tutto questo sia per forza avere un seguito. A volte bisogna fare un passo indietro per allargare l’orizzonte. Buona fortuna a te.
Con immutata stima.
La Cipolla di Vetro