Fotografando un virus

Questa fotografia voglio scattarla perché certi ricordi meritano di essere conservati. Non posso uscire di casa, non posso vedere le persone che mi sono care, le macchine fotografiche e le telecamere sono chiuse nelle loro scatole ed anche il drone ha le ali ripiegate. Dunque non resta che affidare alle parole le immagini di questi giorni, perché credo che non sta andando tutto bene, nonostante tutti i buoni auspici che ci circondano, non sta andando per niente bene.

Doveva essere una di quelle storie che vivono solo nelle immagini del telegiornale, una storia lontana, invece ci è arrivata in casa e ci ha stravolto la vita tracciando la linea del prima e del dopo la pandemia. Moltissima gente non c’è più, non ce l’ha fatta, risucchiata via come in tempo di guerra. Deportata improvvisamente da soldati in tuta bianca e poi passata per il camino (cit.).

Doveva andare tutto bene, pensavamo di cavarcela con poco, ma non è andata così. E’ una guerra ancora non vinta e piena di battaglie perse.

La prima battaglia persa è stata quella dell’informazione ma questo lo si poteva immaginare fin dal principio. Bisognava immaginarlo e si poteva fare di meglio. Lascio perdere il fantasmagorico mondo dei social che da tempo ha smesso di attirare la mia attenzione, trattasi di pubblicità e scemate di varia natura, l’informazione, quella seria, è stata quasi tutta patetica.

Poco ho sentito del perché ci siamo ridotti chiusi in casa da settimane, tantissimo ho sentito sul virus, tutto molto scomposto, confuso. Qualche settimana fa, durante la prima quarantena ho visto qualcuno, evidentemente in mancanza di una buona idea, iniziare a maneggiare la paura della gente comune come un’arma. Come se tutto questo fosse stato causato dai comportamenti delle persone. Ed intanto montava la confusione sulle mascherine da usare, i luoghi da frequentare, le cose che si potevano fare. Improvvisamente parole come “didattica e distanza” e “telelavoro” sono entrate nel nostro lessico quotidiano cambiando i ritmi alle nostre giornate insieme al “divieto di uscire” che tanto ricorda il coprifuoco militare. Naturalmente son saltati alla ribalta  della comunicazione una moltitudine esperti nominati sul campo e mente consigli e pareri venivano dispensati, saltava tra continui annunci e rinvii  l’anno scolastico, saltavano piccole attività commerciali, chiudevano aziende e nascevano i nuovi eroi. Anche l’umana solidarietà veniva fagocitata dal marketing dell’emergenza sanitaria e qualcuno pensava bene di farci qualche spot a proprio uso e consumo.

Anche in questa circostanza ho apprezzato la mia appartenenza alla tribù dei napoletani e di vivere nel villaggio che ha dato i natali a tutti noi appartenenti a questa esclusiva etnia.

Soldi, tanti soldi hanno iniziato a girare, veri o virtuali non saprei ma il grande affare della pandemia ha iniziato ben presto a prendere forma e le fazioni si sono schierate sul campo di battaglia. Improvvisamente sono comparsi i buoni ed i cattivi ed il mondo si è popolato di giganti. In tanti sono apparsi dalle finestre del cyberspazio e tutti a guardarci dall’alto verso il basso, il basso dove tutti noi viviamo. Tutti a dire verità varie, inquadrati dall’occhio elettronico del telefonino appoggiato sulla scrivania, comunque messo sempre più in basso rispetto agli occhi creando l’impressione in chi ascolta che l’oratore parli dall’alto dell’olimpo mediatico. Sarà un fatto pratico o sarà un fatto inconsapevole, questa cosa mi ha colpito. Bisognerebbe mettere una regola nel galateo della comunicazione, come se fosse una manifestazione di rispetto verso chi ascolta, quando si parla attraverso una telecamera l’obbiettivo dovrebbe stare sempre all’altezza degli occhi, come se si parlasse tra pari.

Nessun gigante ha saputo spiegarmi perché la gente è morta. Nessun gigante ha saputo spiegarmi perché il sistema sanitario nazionale non c’era. Non è che non era pronto, esattamente non c’era. E’ stato come affrontare un esercito di carri armati opponendogli un esercito di carretti agricoli. Spazzati via in un attimo e, come al solito, se non fosse stato per l’elemento umano nella macchina (cit.) sarebbe potuta andare molto peggio. Voglio dirla con forza questa cosa, con il massimo rispetto per la gente comune che ha subito perdite e che si è affacciata ai balconi per cantare speranza, non è andata bene, è andata malissimo e non è ancora finita.

Sento parlare di fase due ma non mi sembra che le cose stiano migliorando. Un’altra protagonista della pandemia che è stata miseramente sconfitta è la politica. Smarco subito quelli che non hanno responsabilità di governo e che quindi contano più o meno come il due di briscola. Fanno il loro mestiere, anche loro poche idee, la buttano in caciara cercando di mantenere alto il livello dei like. Quello gli è rimasto da fare anche se sanno benissimo che facendolo provocano danni, alimentando confusione e sentimenti di odio ed insofferenza.

Sono di gran moda i comitati di esperti e le task force. Chi governa il mondo nell’affrontare un’emergenza e trovandosi nella necessità di dover prendere decisioni, giustamente può decidere di consultare gli esperti del settore. Ma il comitato di esperti per sua definizione dovrebbe essere unico, di altissimo livello e soprattutto libero di pensiero. Solo il Italia ce ne sono in quantità imbarazzante, ce ne sono talmente tanti che non si capisce ancora, in tutto il tempo che hanno avuto a disposizione, cosa hanno prodotto. Questo proliferare di esperti, che non si sa mai bene chi sono e soprattutto a chi rispondono e quali interessi rappresentano, sono nella mia personalissima opinione, la rappresentazione più evidente del fallimento della politica. Fallimento rappresentato dall’incertezza che aleggia sulla fase due, quella che dovrebbe partire tra pochi giorni e nell’incapacità di prendersi responsabilità. Ed intanto la gente muore.

Forse ora si contano meno morti tra gli umani ma intanto è morta l’economia di un mondo. E’ un disastro e nessuno sembra sappia cosa fare. Forse, ed è ancora la mia opinione, il problema è che si pensa a soluzioni che possano farci tornare in breve alla vita che facevamo prima della pandemia. Diceva bene quella scritta sul muro che ho visto in giro in internet, forse è la vita che facevamo prima il problema da risolvere.

Bellissima la natura che si riprende i suoi spazi, ce ne sono testimonianze ovunque. Il messaggio che sembra darci la terra è di ripensare a spazi, bisogni, produzione, finanza, etica. Sembra dire in maniera anche molto brutale, “pensavate di essere dei ed invece siete il nulla”.

Una delle cose che mi ha colpito di più in questi giorni è stata la evidenza che l’Italia ha perso completamente la capacità di costruire cose. Quando è successo che abbiamo rinunciato all’economia reale in favore della finanza ? Non parlo di vaccini o di test clinici, parlo di mascherine. Sembra che le mascherine siano la protezione minima contro il contagio, per proteggere se stessi e gli altri. Possibile che devono arrivare dalla Cina ? Ma non eravamo una eccellenza della industria manifatturiera tessile ? Uno scampolo di tessuto e due elastici, non siamo stati in grado di metterli insieme. Perché ? Perché in Italia il costo del lavoro è alto ed allora conviene produrre all’estero ?

La domanda che mi agita di più: sembra che il sentimento comune sia che stiamo attraversando un momento unico, una crisi unica, ma non è così. E’ bastata un po’ di cacca di pipistrello, un animaletto curioso come il Pandolino e qualche umano dalle strane abitudini alimentari, a mettere in ginocchio il mondo. Potrebbe accade di nuovo, con altre modalità e noi potremmo ritrovarci egualmente impreparati. Un’altra emergenza sanitaria, un evento naturale, un improvviso cambiamento nel governo del mondo e potremmo ritrovarci a contare ancora i morti. Perché ho l’impressione che tutti siano convinti che si tratti di un evento unico nel suo genere quando non è così ?

Nell’attesa della fase due, tre, quattro ed anche cinque, ora è il momento della legalità. Ora giustizia e legalità sono gli unici valori che ci possono proteggere da ulteriori disastri. Bisognerà ricostruire, bisognerà riavviare le produzioni, bisognerà far ripartire l’industria della cultura e, dello spettacolo. Bisognerà far ripartire le scuole. Bisognerà farlo in maniera equilibrata, senza lasciare indietro nessuno. Il piatto è ricco, i soldi che gireranno saranno tantissimi e, facciamo attenzione, saranno quasi tutti debiti e quindi tutti noi saremo chiamati a restituirli. Occhi aperti, bisognerà affidarsi alla gente giusta, bisognerà pretendere dalla politica le scelte giuste. Il mio timore è che tutto questo passerà attraverso una comunicazione non libera, che infiocchetta pacchetti ad arte. Ho sempre l’impressione che non si riesce mai a capire se chi ci parla è un uomo libero o risponde a qualche interesse economico. Non c’è molto che possiamo fare, solo mantenere alto il livello di senso critico e curiosità.

Sento spesso invocare l’uomo forte per risolvere la situazione. Penso sempre che la legalità è parente stretta della libertà e questa esperienza di libertà limitata mi ha fatto molto riflettere.

L’uomo forte è gradito alle menti deboli ed ai delinquenti, su questo non ho dubbi. Bisognerà tenere alta la guardia e mantenere sveglio il senso critico, cercando di fare del nostro meglio e pretendere dalla politica le scelte giuste, fatte per il bene comune con investimenti indirizzati nelle giuste direzioni e gestiti in maniera trasparente. Ricordiamo tutti chi rideva mente in Abruzzo la terra ancora tremava.

Un ultimo appunto voglio prenderlo: Napoli, la mia Napoli, la Napoli di questi ultimi anni, la Napoli che è rinata dai cumuli di immondizia e dagli scandali causati da una generazione di politici marci, si è confermata ancora una volta, come diceva il professore, l’ultima speranza che resta all’umanità. Solidarietà, anche quella semplice e spontanea che viene dalla gente,  e senso della comunità si sono toccate con mano e sono tate apprezzata in tutto il mondo. Un gruppo di lavoro a guidare l’amministrazione della città che è sempre stato all’altezza della situazione, un signor sindaco che non ha mai detto una parola fuori posto, che non ha mai perso di vista i più indifesi. Voglio annotare e ricordare che anche quando la televisione nazionale ha cercato di tirare la città dentro ai soliti luoghi comuni è stato in grado di mantenere il punto. Alla fine chi voleva per forza vedere la Napoli sporca e cattiva è rimasto deluso ed ha fatto la figura che doveva fare. Tutto sta in quel verso della nota canzone, dedicato dal nostro signor sindaco della città di Napoli a tutti quelli che offendono Napoli e tutto il mezzogiorno d’Italia. Una dedica bellissima, fatta guardando tutti negli occhi, non da gigante del network ma da napoletano vero.

Click, ora chiudo l’obbiettivo e aspetto con voi la fase successiva, sperando di poter ritornare presto a scattare fotografie

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