La produzione geniale

Il piano dell’opera è il seguente: quattro libri firmati Elena Ferrante pubblicati tra il 2011 ed il 2014, audiolibri con la voce di  Anna Buonaiuto usciti lo scorso anno, quattro stagioni tv. Produzione ancora in corso iniziata nell’ottobre del 2017 dall’americana HBO con diversi altri partners italiani, presumibilmente 4 stagioni da 8 episodi da 40 minuti a stagione (fonte Wikipedia n.d.r.). Una genialata.

Ho letto i primi due libri, poi mi sono annoiato, ho visto i primi otto episodi nell’edizione americana, lingua originale con sottotitoli in inglese/americano.  La prima stagione è appena andata in onda sulla ammiraglia della RAI Radiotelevisione Italiana, con qualche settimana di ritardo rispetto gli Stati Uniti. Un episodio italiano corrisponde a due episodi in America, almeno così mi è parso di capire. In edicola sono in vendita i dvd. Per curiosità e per completezza di informazione ho appena finito di ascoltare la saga dalla voce di Anna Bonaiuto su Audible (i primi 30 giorni sono gratuiti n.d.r.).

Resto della mia opinione, è una produzione molto ben fatta, ragionata a tavolino da un team interdisciplinare, realizzata per durare nel tempo ed essere venduta il maggior numero di volte possibile. Non hanno trascurato nulla, anche l’autrice, la misteriosa (ormai poco) Elena Ferrante, è un elemento della produzione. Dei libri ho già detto, della produzione televisiva posso dire che mi piace molto più dei libri.

Prima di tutto osservo che, al contrario di quanto in genere succede nelle trasposizioni libro/schermo la storia di Lila e Elena non è una riduzione. Al contrario è una espansione, è L’Amica Geniale 2.0. Bellissimo il lavoro di produzione fatto dalla HBO e da tutti quelli che hanno partecipato, bravo il regista Saverio Costanzo, bravissimo lo scenografo e il direttore della fotografia, ma procediamo con ordine.

Saverio Costanzo, che avevo già apprezzato nella serie di tv quotidiana In Treatment, è uno bravo a tenere il filo della narrazione a velocità e tensione costante. Niente scatti in avanti o colpi di scena, niente rallentamenti. La cinepresa non corre, non indugia, non specula. La città di Napoli c’è ma non è protagonista, è Napoli ma agli occhi di uno straniero distratto potrebbe essere un paesino del Messico o un qualsiasi posto dell’America latina o della Spagna. Musiche quasi nulle, tenute basse, quasi un rumore di fondo. Scenografia, per quel che ho visto, essenziale assai, sempre lo stesso posto, sembra di assistere ad una commedia di Eduardo di quelle che andavano in tv in bianco e nero negli anni ’70, solo un po’ più larga. Bisogna aspettare il quarto episodio, la fine del secondo in Italia, per vedere di sfuggita qualche cartolina.

Casting accuratissimo, non credo di aver visto volti famosi. D’altro canto perché pagare qualche grosso nome italiano che all’estero nessuno lo conosce ? Il primo volto noto che ho riconosciuto è stato quello di Nunzia Schiano (la mamma di Siani in Benvenuti al Sud n.d.r.) nell’episodio numero 6. Anche le attrici che danno volto a Lila ed Elena nel corso degli anni sono delle outsider, le bambine più brave delle adolescenti. Ma lasciamo perdere scatole e nastrini e torniamo alla storia.

Quattro storie. La prima è un roba di formazione, la seconda è una soap, poi viene una cosa tipo socio-politica ed infine una cosa tipo affresco della fine di un’epoca con lunghe divagazioni e finalino banale assai. La storia finisce dove era iniziata. Il tema di tutta la faccenda è, nella mia opinione, la potenza della creatività con tutte le sue conseguenze e devo dire che mi è piaciuto tanto. Lila è creatività, quella che non conosce regole, tumultuosa, orgogliosa, capace di incassare colpi e darne di pesanti. Urgenza creativa senza regole che distrugge tutto quello che non sa darsi una disciplina. Elena è un deserto emotivo ed intellettuale che ha dalla sua la capacità di arrampicarsi sulla vita con determinazione e metodo appropriandosi del sapere, di suo non ha nulla ma assorbe i mondi che la circondano e li adatta ai suoi desiderata.

Lila corre, scatta, morde, cade, sa soffrire in silenzio, si reinventa mille volte. Non ragiona, vive d’istinto, capace di superare i propri fallimenti, vede in Elena l’unica qualità che le manca, la disciplina. Elena è una fondista, un trattore, una che ruba dalle vite degli altri tutto il possibile per costruirsi una personalità plausibile, una sciocca sapiente, una che studia sempre ma che non arriva mai ad una sintesi che sia solo sua, che si lascia sempre travolgere dalle emozioni. Durante la narrazione questa cosa salta subito all’attenzione del lettore, anche attraverso le interazioni che le nostre hanno con i personaggi che popolano la messa in scena. Due su tutti, la maestra Oliviero e Nino Sarratore. Terzo personaggio che contribuisce a raccontare i tratti salienti di Lila e Elena è il rione della periferia di Napoli che offre loro il proscenio per le loro rappresentazioni. La prima lo anima, la seconda lo subisce.

La maestra Oliviero parte bene ma si perde ben presto. E’ Lila quella che legge e scrive prima di tutte ma lei preferisce il rassicurante conformismo di Elena. Rinuncia quasi subito alla sfida che la creatività di Lila le propone. Di Nino Sarratore, devo confessare che sono arrivato alla fine della storia senza riuscire a cogliere le ragioni del fascino esercitato sulle due amiche. Lila se lo spiccia subito, in clandestinità, giusto per dimostrare di essere lei la dominatrice. Elena ci muore dietro a tempo indeterminato senza concludere nulla. Probabilmente il mio è un punto di vista da maschietto ma, nella mia opinione, Nino è semplicemente un personaggio privo di qualsiasi forza. Banalmente alternativo, indossa tutti i vestiti che il main stream degli anni che attraversa gli impongono, fino a diventare, alla fine, la macchietta di se stesso.

Geniale è chi crea non chi comprende, questo è quel che mi resta della storia. Geniale è chi insegue i propri sogni e sa prendersi la responsabilità delle scelte che compie. Lila, anche nei momenti bui della vita, non perde mai di credibilità perché non molla mai. Chi comprende, chi agisce con metodo e costanza, magari è interessante ma, il più delle volte, finisce per diventare opaco. Il finale è bellissimo se penso a Lila, una stupidata esagerata se guardo Elena. Alla fine dell’ultima pagina ho desiderato di trovarmi per un attimo faccia a faccia con la dottoressa e famosa scrittrice Elena Greco per dirle guardandola negli occhi: “Lenù, e che ti credevi che era ?”.

Bella storia, non c’è dubbio, parzialmente rovinata da una narrazione che, soprattutto nel terzo e quarto libro, in più di una occasione arranca e divaga giusto per riempire le pagine di parole. Altro merito che riconosco alla storia di Lila ed Elena e che si è fatta molto sentire nello stomaco. Elena ed io abbiamo giusto 20 anni di differenza, siamo nati il 25 di agosto a Napoli e questo ci rende in qualche modo parenti. Non posso dire di essere un contemporaneo delle due ragazze ma atmosfere, dinamiche familiari, luoghi dello spirito che si incontrano tra le pagine delle amiche geniali, le ho ben impresse della mia memoria profonda, quella che non associa più date e luoghi ma che ricorda sensazioni e stati d’animo. Lila non può certo essere mia sorella ma una cugina più grande, magari una zia, si.

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