Il pugno di Dio

bergoglioCapita raramente, in una vita, di partecipare ad un evento storico ma spesso capita che non ci si rende conto dell’importanza dell’evento che si stà vivendo. Magari non si partecipa neanche, semplicemente si assiste alla storia convinti che sia solo il telegiornale delle venti.

Nella memoria ho degli eventi che ricordo meglio di altri e che il tempo ha consegnato alla storia. Ricordo quando ci fecero uscire di scuola perchè era stato ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro, ricordo la prima uscita del papa polacco e la caduta del muro di Berlino. Ad andare indietro nella memoria ricordo papà che mi svegliò nel cuore della notte, eravamo in vacanza, per farmi vedere in tv il primo passo dell’uomo sulla luna e ricordo l’Italia di Messico ’70.

Negli anni di tangentopoli mi capitava spesso di passare davanti ala palazzo di giustizia di Milano, anche se confesso di non aver mai incrociato il povero Paolo Brosio e qualche anno prima inciampai in una delle icone, anche questa passata alla storia, della Milano da bere, la capitale morale d’Italia, quando incrociai in piazza della Scala, in piena notte, Gianni Versace e Ornella Vanoni che camminavano abbracciati, ridendo come matti, con la faccia di due che avevano il mondo in tasca.

Passando ad eventi più frivoli, ero in piazza del Plebiscito quando Pino Daniele fece il suo primo concerto gratuito e molti anni dopo tornai sul luogo del delitto ad ascoltare il boss nato negli U.S.A. Ricordo la magia del Live Aid e, tornando ad argomenti più seri, Di Pietro quando si levò la toga di magistrato e le immagini confuse di Capaci e via d’Amelio. Ricordo, in ordine sparso, Enzo Tortora rinchiuso a Poggioreale, la discesa in campo del Silvietto sempreinpiedi, Grillo che al festival di Sanremo faceva battute sui socialisti, e tante altre immagini.

Devo ammetterlo, nella mia memoria, storia ed immagini televisive sono praticamente la stessa cosa. Quasi tutti i ricordi sono legati ad immagini televisive più o meno nitide. La domanda è: quando incontriamo la storia riusciamo a riconoscerla ?

Nei giorni scorsi, a mio parere, ancora una volta alla televisone, tutti noi, abbiamo assistito ad un momento storico. Un omino sudamericano, vestito di bianco, durante un viaggio in aereo, parlando a dei giornalisti dice, più o meno: se uno insulta la mia mamma si deve aspettare che gli dia un pugno. Beh, tutto normale, la mamma è sempre la mamma ed è intoccabile. Magari si possono mettere in discussione le virtù delle sorelle, o magari delle zie, ma la mamma no.

Ricapitolo: all’indomani di una strage che ha il sapore di una scellerata guerra tra religioni, l’omino vestito di bianco, papa Bergoglio, il capo della chiesa cattolica romana, quella della dottrina del “porgi l’altra guancia” e del “soffri sulla terra per aver la tua ricompensa nel regno dei cieli”, sdogana un sentimento, quello della rabbia. Non una rabbia qualsiasi, Bergoglio, ancora nella mia opinione, con l’esempio del pugno a difesa della madonna terrena, sdogana la rabbia degli ultimi e ridefinisce il concetto di violenza riconoscendo l’esitenza di una violenza verbale, dialettica, comportamentale che, probabilmente, a volte, riesce a far più danni della violenza fisica. E’ come se dicesse: la penna ne ferisce più che la spada ma non è detto che la penna, solo perchè meno fisicamente offensiva, non debba avere un limite e quindi, per estensione, in poche semplici parole, esalta il valore del rispetto tra gli uomini e lancia un allarme. La frase che più mi ha colpito è quella in cui dice che se una persona lancia un insulto deve aspettarsi un pugno, come dire, attenzione ai sentimenti degli altri, attenzione a non creare risentimenti prendendo in giro il credo altrui. Personalmente l’ho intesa come un invito all’umiltà ed al rispetto del prossimo, un invito a non sentirsi depositari della verità e del giusto ed a non pretendere di mostrare la strada al prossimo. Non dice che è legittimo il pugno e quindi l’offesa fisica, dice che è legittimo il risentimento di chi si sente denigrato, isolato a causa dei proprio credo.

Non sono sicuro che il messaggio sia stato interpretato da tutti in tal senso. Personalmente credo che sia un messaggio di pace dato nello stile a cui ci ha abituato da tempo. Ricordate la frase “chi sono io per giudicare i gay” ? Un altro grande invito alla pace.

In qualche modo, credo che papa Bergoglio, che non a caso si è dato il nome di Francesco, riesca anche ad andare oltre il “non abbiate paura” del suo beato predecessore. Non solo dice di non aver paura ma dice anche come fare ed indica nel rispetto e nella comprensione reciproca la via della pace. Della pace spirituale e della pace sociale.

Facciamo autocritica: perchè siamo in questa situazione di fortissima contrapposizione ideologica, sociale e culturale ? Perchè siamo stati allevati nel mito della guerra santa, nel mito dei buoni che vincono sempre contro i cattivi. E’ così che diventa plausibile l’esportazione della democrazia e la civilizzazione degli indigeni. Provo a riepilogare: napoletani contro juventini, facisti contro comunisti, indiani contro VII cavalleggeri, cattolici contro il feroce saladino, nord contro sud, bianchi contro colorati, popolo di Dio contro palestinesi, missionari contro nativi americani. Violenze, tante violenze che si basano sempre sulla contrapposizione, che quasi sempre trova il suo movente nell’avidità degli uomini, di una offesa e di una reazione alla stessa. E diciamoci la verità, a volte la civile dialettica non basta per dipanare ingarbugliate matasse e la diplomazia ha i suoi limiti. A volte, per risolvere i problemi, bisogna prendere la mazza e sfatare il convincmento che, purchè lo si faccia con modi civili, si può dire qualsiasi cosa alla faccia della qualsiasi.

I napoletani lo sanno bene, popolo pacioso e tranquillo per antonomasia, ci siamo lasciati dominare da chiunque. Grandi incassatori i napoletani, sempre pronti a sdrammatizzare con un bel pernacchio, di testa e di cuore, qualsiasi offesa, salvo poi, quando la misura è colma, prendere la mazza per randellare a dovere il prepotente di turno. Perche quando è troppo, è troppo.

Il messaggio è semplice “ama il prossimo tuo come te stesso” nulla di più, nulla di meno. Ci voleva il papa sudamericano per ricordarcelo. A proposito del papa: secondo me, non lo fanno durare più di tanto. Troppo cristiano per i tempi che corrono.

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6 comments

  1. Bergoglio:” se dici una parolaccia su mia mamma aspettati un pugno”.
    E tu che da sempre dici bestialità contro le mie due mamme, o i miei due papà, prenditi questo calcio nei coglioni!

    Uno squallido rissaiolo

    Precipita, bergoglio, che s’era innalzato sul trono
    col marketing-spettacolo, foraggiato tutto da buoi
    precipita, nella melma, con risonanza di tuono
    basiti i soggiogati d’amaro costretti agli ingoi

    Da “santo padre”, “papa buono reloaded” artefatto
    senza far tappe intermedie, questo papa pampero[1]
    scatena la rissa che pare d’avariato rum strafatto…
    dimostrando d’essere, come sempre ritenni, un “negro villero”[2] http://www.sharedits.net/M-Ebooks-E-9-C-97.html

  2. Ecco due commenti che non ho capito, ma non ho mai censurato o cancellato nulla da questo blog. Continuo a credere che la semplicità con cui Bergoglio a richiamato tutti al rispetto dei sentimenti altrui è apprezzabile. Finalmente un papa uomo.

    1. Non ha richiamato al rispetto. Ha detto ad un miliardo di pecoroni del suo gregge che si sta sfaldando insieme alla sua bimillenaia bugia che bisogna colpire con violenza chi sbugiarda la bimillenaia bugia. Dove ci vedi umanità in un richiamo alla violenza contro la Verità poi magari me lo spieghi…

      1. Gentilissimo, come ho scritto, la cosa che più mi ha colpito nel discorso, più che altro una conversazione informale, di Bergoglio è stato il riconoscimento del dolore causato da violenze non verbali. Non è vero che la violenza è solo quella fisica e materiale, esistono anche quelle verbali, morali. Il più classico esempio di violenza morale è il cyberbullismo, a riprova del fatto che anche le parole possono far male. Anche questo tipo di violenza può provocare dolore e di conseguenza umana rabbia. Nella mia opinione ha semplicemente riconosciuto l’esistenza di un sentimento umano, nessun richiamo alla violenza. Perché non è vero che “se non ti metto le mani addosso”, lasciami passare l’esempio, posso dire e fare tutto quello che voglio. Grazie per l’attenzione e nel ringraziarla cordialmente la saluto.

  3. http://youtu.be/FlKFSEHsVjg
    http://digilander.libero.it/VNereo/il-pugno-idiota-del-papa.htm
    Bergoglio ci sei o ci fai?
    Il pugno del Papa usato per spiegare la legittima difesa è incitazione alla violenza e all’odio, oppure è una semplice idiozia da bar sport? In ogni caso è antilogica, o quanto meno un’ambiguità logica, una confusione interiore fatta passare, ovviamente da media altrettanto ottenebrati, per insegnamento o per sacra pedagogia. Infatti dimostra che è legittimo dare un pugno a qualcuno che insulta nostra madre. Certamente se qualcuno offende mia madre io posso anche ucciderlo. Ma che senso ha mettere sullo stesso piano l’offesa immateriale e l’omicidio, o il pugno materiali? L’offesa offende non in quanto contenuto materiale fatto di hertz o di onde meccaniche del suono che ascolto ma in quanto contenuto immateriale, spirituale. Ciò che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello che contamina l’uomo (Mt 15,18), cioè che mi offende, ma solo se mi sento ancora legato al cordone ombelicale di mia madre, reagisco col pugno o col mitra. E questo è tipico dei jhadisti che fanno le guerre materiali perché incapaci di combattere con la spada dell’io o del Cristo.
    Ignorare la differenza fra legittimità e legalità è ignoranza crassa se è ignoranza; però se sconfina nell’arroganza di un indottrinamento o di una dottrina religiosa (vedi gli articoli 2266 e 2667 del catechismo cattolico odierno) più che ignoranza è mafia, o almeno un tipo di ignoranza tendenzialmente e potenzialmente mafiosa.
    Oggi più che mai occorrerebbe dunque riflettere sulla differenza fra legalità e legittimità, soprattutto per chi crede di essere un cristiano. Se gli odierni “osservanti” della legalità rinunciano alla loro moralità personale, barattano la responsabilità per l’ubbidienza. Dovrebbero allora chiedersi cosa accadde nella Germania nazista. Fino a che punto si può essere nazisti o “osservanti” della legalità? Cosa traccia allora la linea di demarcazione fra equo ed iniquo: la legalità? No. Perché la legalità è in tal senso l’eclisse della ragione. È l’uomo soggiogato che esprime obbedienza a regole ingiuste e che, per affermare ciò che crede suo diritto, permette in realtà la propria schiavitù. Credo che piegarsi passivamente all’autorità o accettare, senza discutere, leggi che appaiono contrarie alla giustizia e alla sopravvivenza, non sia indice di forza, né di moralità. Le leggi non sono l’ultima verità, infatti molte leggi inique furono cambiate in seguito a proteste. Se non si tiene conto della protesta pacifica e del rifiuto della legge se iniqua (epicheia cristiana), non si può che prevedere il prevalere progressivo di episodi di violenza. Ciò che traccia la linea di demarcazione fra equo ed iniquo non può dunque essere altro che l’io umano, cioè cristiano, o epicheico che dir si voglia. Chi però dal pulpito predica la pace nel mondo attraverso catechismi che non escludono la pena di morte o la guerra, non può essere un cristiano, ma solo un anticristiano in quanto antilogico.

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