Mangianapoli

Il fatto interessante è che Napoli, salutato il suo decennale Signor Sindaco con la esse maiuscola, continua il suo cammino di esperienza anomala. Perché è sicuramente anomalo e poco spiegabile, considerata la storia della città, il fatto di averla servita su di un piatto d’argento, con l’elezione del nuovo signor sindaco con la esse minuscola (la maiuscola se la deve guadagnare n.d.r.), ad un sistema che più volte in passato si è dimostrato dannoso e che sicuramente non cura gli interessi di tutti i napoletani.

Senza alcuna intenzione di fare polemiche, seriamente, la domanda che vorrei fare a tutti quelli che tiravano sospiri di sollievo all’avvento del esuberante e decisionista sindaco Manfredi, perché era chiaro a tutti che il candidato aveva idee, polso e gli agganci giusti per portare Napoli nell’Olimpo delle città dove si vive bene, é: ragazzi tutto a posto? Stiamo sul pezzo? E’ iniziata la risalita dal baratro in cui ci aveva cacciato il sindaco isolato?

La domanda, in particolare, la rivolgerei a quelli che prima non erano niente, poi in dieci anni di demagistrismo hanno avuto occasioni e visibilità, poi si sono girati dall’altra parte “adducendo motivazioni plausibili” (Elio e le Storie Tese cit.), e ora, infallantemente, sono spariti a godersi il loro trenta denari. Comunque sia, la risposta alle mie domande, al momento, è un deciso no. Niente è a posto.

I primi cento giorni di bassoliniana memoria sono passati e direi che a occhio e croce le conseguenze del ritorno a San Giacomo di quelli bravi, quelli che Roma gli aprono tutte le porte, sono chiare. Gli argini son caduti e si possono tornare a mettere le mani sulla città e nelle tasche dei napoletani che tanto basta fare un po’ di moine, quelli sopportano tutto e sono pure contenti.

Nella mia opinione, le mani sulla città si allungano in tre mosse, tutta roba già vista quindi neanche a dire che non lo sappiamo:

  1. si fa in modo che la macchina amministrativa pubblica non funzioni mantenendola impantanata in cento rivoli di indecisioni, mancanza di fondi, equilibri da mantenere e torte da spartire mortificando il lavoro di decine di lavoratori del Comune;
  2. si invoca l’intervento dei privati esaltandone la loro presunta efficienza, omettendo di dire che i privati hanno come scopo, molto semplicemente, quello di guadagnar soldi e che dei servizi costituzionalmente rilevanti se ne sbattono le scatole;
  3. si rende il gioco poco leggibile mettendo su un circo di aziende partecipate con tanti consigli di amministrazione per distribuire soldi e prebende che tanto le perdite sono tutta colpa di una città sciagurata.

Mossa finale: si dichiara fallimento, si sostiene che è tutta colpa di quelli che stanno a Roma, si indossa la livrea della vittima e ci si ritira a godersi il bottino concedendosi ogni tanto, don Antonio insegna, il vezzo di partecipare a qualche salotto televisivo dal quale fare revisionismo storico senza ritegno.

Da napoletano osservo che, intanto, il famoso debito ingiusto tanto indigesto al PD e alle destre è stato improvvisamente sdoganato. Come sintetizzato dal dottor de Magistris in una recente dichiarazione “la medicina era giusta, era il paziente che era sbagliato”. Manfredi prometteva il patto per Napoli perchè lui è “uno buono” (Edoardo Bannato cit.) e ha i contatti giusti ma sembra che, in realtà, si prepari il solito olio di ricino per i napoletani. Invece che assumersi le proprie responsabilità il governo vuole generosamente fare un prestito alla città da rimborsare in un paio di decenni (21 anni n.d.r.) a patto e condizione di imporre alla città una vita morigerata, tagliata, con servizi costituzionalmente rilevanti ridotti. In buona sostanza sembra che l’intervento di quelli buoni si limiterà a fare a Napoli quello che l’Europa voleva fare alle nazioni tipo la Grecia e l’Italia prima della pandemia con le conseguenze che tutti ricordiamo.

Da palazzo San Giacomo giungono voci che raccontano che l’attività amministrativa ancora non decolla. Commissioni consiliari ancora inesistenti perché, è evidente, non c’è ancora accordo tra i mille cortigiani di De Luca sul come spartirsi la torta. Non pensavate mica che era Manfredi a guidare il carrozzone, vero?

Con modalità maldestre e ridicole il sindaco intesta alla sua amministrazione risultati che sono ancora l’onda lunga della precedente amministrazione tipo la galleria Vittoria. Intanto si viene a sapere che i nuovi treni della metropolitana non entrano in servizio perché i burocrati romani sono in ritardo e, nominato commissario mega galattico per la bonifica di Bagnoli, Gaetanuccio nostro, chiama al suo fianco l’ex braccio destro di quell’altro che non era buono.

Quel che mi appare del tutto chiaro è che si è somministrata al popolo la solita medicina. Quella buona a mantener vivo un sistema, a mantener viva una casta sulla pelle della gente comune. Sia chiaro, aver votato Manfredi significa aver creduto ad un imbonitore. E’ stato come chi, in un momento difficoltà, invece di fare appello alle proprie forze per continuare a camminare, cede alle lusinghe del gatto e la volpe (Collodi/Edoardo Bennato cit.). Quello che mi sfugge è perché in tanti ci hanno creduto? Possibile che dopo dieci anni da capitale d’Europa, dieci anni senza neanche uno scandalo, dieci anni senza mai lasciare nessuno indietro, dieci anni in cui si è capito che Napoli faceva paura al resto del paese e che andava fermata ad ogni costo, in tanti hanno ceduto al compromesso morale?

Mi sembra di sentirla ancora la frase che in tanti dicevano: “vale la pena accettare qualche compromesso se poi dalla Regione e dal Governo arrivano i soldi”. Magnifica illusione, Gaetano Manfredi da rettore della Federico II dimenticava di pagare i bollettini della spazzatura al Comune di Napoli, da ministro non ricordo che abbia mai detto nulla a favore della città, quasi nessuno sapeva della sua esistenza fino alla candidatura a sindaco, come poteva mai essere lui l’uomo dell’unità nazionale e della provvidenza. A tacere del fatto che non si è mai capito su quali argomenti si dovesse addivenire al compromesso. Un po’ di soldi alla città e un po’ di soldi al sistema?

Adesso godiamoceli tutti gli imbarazzanti silenzi del nostro capo banda che parla poco e quando lo fa sembra uno di quegli scolaretti impreparati che non sanno cosa rispondere e azzeccano frasi di circostanza a caso. Intanto stiamo per assistere alla caduta di Asia, alla privatizzazione dell’acqua pubblica, ad un giro di vite sui trasporti e ad una stretta sui conti della città che l’ex assessore Cardillo, quello dei derivati della Iervolino, quello che dichiarava al giornalista di Report quando ancora c’era la Gabanelli, che la città si salvava con l’ingegneria finanziaria, starà morendo dal ridere.

I soldi arriveranno ma non saranno quelli che chiedeva de Magistris che per anni ha sostenuto che il debito ingiusto andava stralciato. I debiti contratti dal governo per la gestione del terremoto e dell’emergenza rifiuti e successivamente scaricati sull’amministrazione cittadina rimarranno a nostro carico e ce li faranno uscire dalle orecchie, mentre con abili manovre di palazzo si stanno dirottando verso le regioni del nord gran parte delle risorse provenienti dal P.N.R.R. Povera Napoli, speriamo che non sia già troppo tardi per fermare questa valanga di merda che ci sta per piovere addosso.

Perché il compromesso morale questo è: rivolgersi allo strozzino sperando che sia un amico di famiglia (Paolo Sorrentino cit.).

P.S.: di seguito vi lascio due video spaventosamente interessanti che raccontano un sacco di cose. La foto di Manfredi Silente proviene da Manfredi Dichiara.

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